FIBRINA nel sangue: cosa è, a cosa serve?

Fibrina: che cosa è, a che cosa serve?

La fibrina è una proteina del sangue che svolge un ruolo fondamentale nella emostasi, cioè nella riparazione delle ferite dei vasi sanguigni (vene e arterie) che provocano una perdita di sangue. La fibrina viene prodotta a partire dal fibrinogeno e dalla trombina, due proteine complesse che si attivano in caso di ferite che comportano la rottura dei vasi sanguigni. Una delle differenze fondamentali fra il fibrinogeno e la fibrina è che mentre il fibrinogeno è una proteina solubile in acqua, la fibrina non si scioglie ed è quindi più resistente e duratura all’interno del plasma, cioè la parte liquida del sangue. L’altra differenza fra le due proteine è la loro forma: mentre il fibrinogeno ha una forma allungata e cilindrica come quella di un bastoncino, la fibrina ha la forma di una rete di maglie, che le conferisce un tipo di struttura molto flessibile, estensibile ed elastica, e questo le permette di catturare un gran numero di corpuscoli durante la coagulazione, per agire più velocemente nella riparazione del danno. Le sostanze che collaborano alla rimarginazione di una ferita aperta durante l’emostasi sono presenti nel plasma in una forma inattiva, cioè non iniziano a “lavorare” e a coagulare fino a che non c’è una ferita da rimarginare. Quando c’è un eccesso di attività di questi fattori si crea una patologia detta trombosi, quando c’è un’attività troppo scarsa invece si presentano emorragie.

La fibrina durante l’emostasi

I momenti cruciali di attività della fibrina avvengono durante l’emostasi, che nel dettaglio è suddivisa in tre fasi di emostasi vera e propria più una fase di fibrinolisi che avviene a guarigione ultimata:

Fibrina
La fibrina è fondamentale per il processo di coagulazione del sangue
  • Prima fase – fase vascolare: i vasi sanguigni attorno all’area in cui si sta verificando l’emorragia si restringono per far diminuire l’afflusso di sangue e quindi limitare i danni. Spesso le ferite minime a capillari molto piccoli smettono di sanguinare già in questa fase.
  • Seconda fase – fase piastrinica: le piastrine, corpuscoli senza nucleo cellulare presenti nel sangue, iniziano ad aderire ai lembi del vaso sanguigno danneggiato e inizia un primo momento di riparazione fisica della ferita. Le prime piastrine aderiscono alle pareti del vaso grazie all’aiuto del fibrinogeno e richiamano altre piastrine sul tessuto danneggiato, formando il cosiddetto tappo piastrinico: il tutto in pochi minuti dal momento della rottura. Se il danno è molto piccolo, l’intervento delle piastrine è sufficiente a chiudere la ferita, e si parla di emostasi primaria.
  • Terza fase – fase coagulativa: se la ferita è troppo grande perché le piastrine riescano a rimarginarla, si passa all’emostasi secondaria. Il fibrinogeno viene convertito in fibrina dalla trombina e si trasforma in fibrina. La fibrina richiama ulteriori piastrine e le intrappola assieme alle altre cellule del sangue, come i globuli rossi, per formare una barriera più solida del tappo piastrinico, che viene chiamata tappo emostatico secondario o tappo emostatico permanente. L’emostasi va controllata molto finemente a livello chimico, con la produzione di sostanze che frenano la coagulazione, poiché il richiamo di ulteriori fattori di coagulazione è crescente ed esponenziale, cioè più coagulazione avviene, più fattori vengono coinvolti, in un crescendo di reazioni chimiche che si autoalimentano: basti pensare che per far coagulare 1 mi di sangue, viene prodotta trombina sufficiente per far trasformare in fibrina il fibrinogeno contenuto in tre litri di sangue.
  • Fibrinolisi (o quarta fase – fase fibrinolitica): quando il tappo emostatico creato dalla fibrina ha esaurito la sua funzione e la ferita si è rimarginata (cioè il vaso sanguigno è di nuovo integro e la pelle ha riformato uno strato sufficientemente solido), inizia la fibrinolisi. La principale reazione di questa fase è lo scioglimento della fibrina da parte della plasmina, un enzima che scioglie le proteine, in questo caso la fibrina, trasformandola in prodotti solubili nel sangue che vengono trasportati dalla circolazione sanguigna ed eliminati.

I processi di emostasi non si attivano soltanto durante la guarigione delle ferite: le vene e le arterie si degradano continuamente a causa dell’usura e dei continui microtraumi ai quali sono sottoposte.

Fibrina
La fibrina dipende direttamente dal fibrinogeno presente nel sangue

Fibrina ed esami del sangue: il fibrinogeno e il D-dimero

La fibrina non è un elemento che viene valutato negli esami del sangue. Per valutare la qualità della coagulazione in cui è coinvolta la fibrina, si misurano i valoro di altre due sostanze: il fibrinogeno e il D-dimero

  • Fibrinogeno: è la proteina a partire dalla quale si forma la fibrina. Misurare il valore del fibrinogeno nel sangue ci permette di capire se verrà prodotta sufficiente fibrina per avere una buona coagulazione, o se ci saranno delle anomalie. Dal punto di vista della coagulazione, un eccesso di fibrinogeno porterà ad una coagulazione più estesa che può anche dare problemi di trombosi, quando i coaguli si formano in modo esagerato e invece di aderire alle pareti dei vasi sanguigni danneggiati entrano nel circolo del sangue, andando a tappare vene e arterie causando flebiti e, nella peggiore delle ipotesi, infarti ed ictus. Quando invece il fibrinogeno ha dei valoro troppo bassi, durante la coagulazione non verrà prodotta sufficiente fibrina, quindi si incorrerà nel problema opposto: una coagulazione troppo scarsa che avrà come conseguenza emorragie più o meno gravi, che possono portare ad anemia e dissanguamento, come nel caso dell’emofilia. Esistono malattie congenite che possono ridurre o azzerare il livello di fibrinogeno nel sangue e altre che fanno produrre al corpo un tipo di fibrinogeno poco funzionale, come la disfibrinogenemia: con questa patologia, i tappi di fibrina che si dovrebbero formare durante la coagulazione sono incapaci di resistere e di arrestare l’emorragia. I tappi difettosi non aderiscono bene, non aggregano in fretta i corpuscoli per la coagulazione e a causa dei difetti della molecola di fibrina viene compromessa anche la fase finale della coagulazione, la fibrinolisi. La fibrina difettosa non è in grado di attivare una adeguata quantità di plasmina, causando problemi per una sana dissoluzione del tappo emostatico.
  • D-dimero: è il principale prodotto di scarto della fibrina al termine della fibrinolisi, quando la plasmina scioglie il tappo emostatico perché il processo di emostasi si è concluso e la ferita è rimarginata. Il processo di dissoluzione del tappo creato dalla fibrina si chiama fibrinolisi ed è fondamentale e vitale tanto quanto il processo di emostasi. Senza una buona fibrinolisi, in poco tempo i vasi sanguigni sarebbero occlusi dai coaguli e sopraggiungerebbe la morte. L’emostasi infatti non avviene solo in caso delle ferite che lacerano vistosamente i vasi sanguigni causando emorragie interne o esterne, ma durante tutto il tempo in cui il sistema cardiocircolatorio è attivo, per riparare microtraumi e danni da usura delle pareti interne di vene e arterie. Se la fibrina non viene sciolta al termine di tutti i processi in cui è coinvolta si possono creare trombi e ischemie (ovvero morte dei tessuti che non vengono più irrorati dal sangue). Gli esami del sangue per il D-dimero dovrebbero dare come risultato normale una quantità di D-dimeri quasi nulla. Tuttavia, piccole trace di D-dimeri nel sangue non indicano per forza la presenza di una malattia: può trattarsi della normalissima bassa concentrazione di fattori pro-coagulanti e fattori anti-coagulanti, che sono in perfetto equilibrio fra di loro e quindi non causano problemi. Quando invece si trova nel sangue una consistente quantità di D-dimeri disciolti, questo può indirizzare il medico, che indagherà attraverso ulteriori esami per cercare la patologia che causa la presenza di D-dimeri. Le principali patologie a cui si può riferire un’alta concentrazione di D-dimeri nel sangue sono:

–       Coagulazione intravascolare disseminata (CID)

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–       Malattie del fegato

–       Eclampsia

–       Gravidanza

–       Infezione

–       Intervento chirurgico e relativa fibrinolisi

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–       Malattie cardiovascolari

–       Traumi e relativa fibrinolisi

–       Trombosi arteriosa o venosa

–       Alcuni tipi di tumore

–       Embolia polmonare

Quando si portano dal medico gli esiti degli esami del sangue per il livello di D-dimero, bisogna sempre informarlo riguardo le nostre condizioni di salute e le eventuali terapie che stiamo seguendo. Ad esempio, se siamo al corrente di essere in gravidanza o di avere un’infezione già diagnosticata in corso, è bene avvisare il medico in modo che valuti i dati al netto delle nostre condizioni particolati. Lo stesso vale se assumiamo dei farmaci: al medico va comunicato qualsiasi tipo di terapia in corso, in modo che gli esami non siano falsati: ad esempio, chi prende anticoagulanti avrà un falso negativo, cioè risulterà senza D-dimeri non per lo stato di salute buono, ma per l’azione del farmaco. In caso di gravidanze, artrite reumatoide in fase acuta o interventi chirurgici subiti di recente, ci possono essere dei falsi positivi, con valori di D-dimero molto alti senza che ci siano ulteriori motivi o patologie. Anche l’età è un fattore importante, poiché negli anziani il test è poco utile per situazioni fisiologiche. Infine, i pazienti ospedalizzati hanno un livello di base di D-dimero superiore alla media. Questo test viene solitamente richiesto dal medico quando un paziente presenta i seguenti sintomi:

–       Tosse insistente con sangue

–       Respiro affannoso e dolore al petto o ai polmoni

–       Tachicardia (battito del cuore molto veloce)

–       Dolore ad una gamba

–       Gonfiore alla gamba

–       Arrossamento della gamba

Per eseguire il prelievo di sangue necessario per il test del D-dimero non è necessaria nessuna preparazione.

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Alessandro Gennarihttps://www.linkedin.com/in/alessandro-gennari/
Giornalista, in rete dalla fine degli anni 90. Mi piace mangiare e bere bene, adoro fare sport. Attualmente sono impegnato in una delle realtà editoriali maggiori del Paese e seguo per passione questo progetto che per me rappresenta un momento di studio e di sperimentazione digital

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