Che cosa è il malleolo
Il malleolus, che letteralmente dal latino significa “martello”, è quell’osso che comunemente viene chiamato malleolo.
Si presenta come una sporgenza ben visibile nell’area del collo del piede; per ogni arto inferiore ve ne sono due di tipi diversi: il malleolo mediale e quello laterale.
Mentre il malleolo mediale o tibiale, dalla forma di una piramide, è situato nella parte interna della tibia ed è ben visibile dall’esterno, quello laterale o peronale si trova nella parte terminale del perone, ha una forma piramidale ed è schiacciato ai lati.
Perone e tibia sono le ossa che concorrono alla formazione dello scheletro della gamba.
Dalla loro unione con i legamenti e i tendini nasce l’articolazione della caviglia, cioè quella parte del corpo umano che collega la gamba con il piede e ha una fondamentale importanza per la locomozione.
Possiamo dire che il malleolo non è altro che la parte terminale della tibia e del perone, detto anche fibula, e insieme ai legamenti mediali e a quelli laterali permette al piede di restare in sede durante l’attività motoria.
A che cosa serve il malleolo?
La caviglia, unitamente alle ossa del piede, forma quella parte dello scheletro umano responsabile dell’equilibrio; inoltre, deve sostenere tutto il peso del corpo.
La funzione principale del malleolo è quella di dare stabilità alla caviglia durante le varie azioni motorie, garantendo solidità all’intera struttura, in modo particolare quando si compie un movimento improvviso.
Frattura del malleolo: cause
Come tutte le ossa del corpo umano, anche il malleolo può essere soggetto a rottura.
Solitamente la frattura è causata da una eccessiva sollecitazione dovuta a movimenti di torsione o rotazione della caviglia, che possono verficarsi durante la pratica di alcuni sport in particolare:
- calcio
- pattinaggio
- sci.
A volte basta solo un movimento errato, come l’appoggiare il piede a terra dopo un salto, e l’applicazione dell’eccessiva forza sul piede stesso può causare la frattura del malleolo, spesso accompagnata dalla slogatura alla caviglia o dalla frattura del piede o della gamba.
Anche alcune patologie croniche possono contribuire a rendere le ossa più fragili e soggette a fratture, come nel caso di chi soffre di osteoporosi.
Lo stesso avviene quando le ossa perdono la loro densità, nel caso di tumori ossei o in presenza di osteomielite, un’infezione che colpisce i pazienti diabetici.
Tra le cause più frequenti frattura vi sono:
- traumi derivanti da cadute
- incidenti automobilistici
- incidenti lavorativi
- infortuni domestici.
Frattura del malleolo: tipologie
La frattura del malleolo può essere di vari tipi, a seconda che durante il trauma vengano interessate le ossa interne o quelle esterne della caviglia.
In casi molto rari può verificarsi che la pelle, in seguito ad un forte trauma, si laceri e che l’osso fuoriesca.
La cute e le parti lacerate possono presentare rossori ed infiammazioni: in questo caso siamo di fronte a una frattura esposta o aperta, ma questo accade molto raramente.
Generalmente le fratture possono suddividersi in due grandi gruppi:
- composte
- scomposte.
In quelle composte, dette anche semplici il danno è minore: l’osso mantiene la sua forma, resta allineato nella sua sede e soprattutto non vi sono frammenti che si distaccano da esso.
Quelle scomposte sono molto più serie. Solitamente si verificano in seguito ad una violenta rotazione del piede verso l’interno o verso l’esterno.
Oltre all’osso rotto, vi sono pericolosi frammenti dello stesso che si spostano; molte volte, nei casi più gravi, si possono avere lesioni ai legamenti e alla capsula articolare.
Sintomi
I sintomi che si avvertono in caso di frattura del malleolo sono gli stessi delle altre fratture ossee: oltre alla difficoltà di stare nella posizione eretta o di camminare, si avverte un intenso dolore nella parte interessata.
Questa parte, già poche ore dopo il trauma appare gonfia, tumefatta con ecchimosi viola, nerastra sulla superficie della cute con deformità evidente dell’articolazione.
Se si verifica un sanguinamento all’interno, anche la caviglia si presenta gonfia e dolorante. Alcune persone avvertono un formicolio o intorpidimento di gamba, piede o caviglia.
Per accertarsi della presenza di una frattura, la prima indagine da fare è una radiografia, che permette di:
- verificare l’area di frattura
- vedere come sono allineati i frammenti ossei
- determinare di quale tipo di frattura si tratta
- analizzare le condizioni dell’osso.
A volte, per meglio analizzare piccole fratture nascoste o lesioni ai legamenti il medico richiede una TAC, o una RMN o una scintigrafia ossea per meglio valutare lo stato dei tessuti molli e per identificare eventuali fratture da stress che nella radiografia non si vedono.
Rimedi per fratture composte
I rimedi adottati in caso di frattura del malleolo sono diversi. Molto dipende dalla gravità della frattura e dalla zona in cui si trova.
Nel caso di fratture composte, quando la caviglia è stabile può non servire l’intervento chirurgico.
Se la frattura del malleolo è composta o appena scomposta, molto dipende anche dal punto in cui si è rotto l’osso. Si opta sempre per un trattamento conservativo oltre al riposo.
La parte interessata, ovvero la caviglia, viene immobilizzata con uno stretto bendaggio, con un tutore o con un gesso per un periodo che può andare dalle 4 alle 6 settimane.
Una volta applicato il gesso, è necessario che l’arto venga tenuto in trazione, ovvero sollevato per le prime 24 ore, per cercare di ridurre il gonfiore, impedendo che il sangue ristagni verso il basso.
Una volta tolto il gesso, si può iniziare a camminare appoggiandosi a delle stampelle per non far gravare tutto il peso del corpo sull’arto. Gradualmente si può iniziare ad appoggiare l’arto e solo in seguito si potranno abbandonare gli ausili.
Naturalmente i tempi di recupero variano da individuo ad individuo. Molto dipende dalla forza di volontà e dalla resistenza al dolore che inizialmente si avverte.
Gli anziani hanno sempre più difficoltà a recuperare, un po’ per l’età, un po’ per la paura di cadere di nuovo, mentre i bambini hanno dei tempi di recupero eccezionali.
La magnetoterapia basata su i campi magnetici da applicare sulla caviglia potrebbe ridurre di molto i tempi di guarigione e di recupero. Ci si può sottoporre anche con il gesso.
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Rimedi per fratture scomposte
Diverso discorso per le fratture scomposte. Come abbiamo detto precedentemente, vi sono frammenti di ossa che si muovono: in questo caso è preferibile ricorrere all’intervento chirurgico.
Utilizzando viti, chiodi o placche in acciaio o in titanio, l’ortopedico cercherà di ridurre e stabilizzare la frattura del malleolo, di riallineare e di riposizionare nella giusta sede i frammenti ossei, gli eventuali legamenti lesionati e anche la capsula articolare se lo necessita.
Solitamente le placche, i chiodi e le viti si rimuovono dopo un anno con un intervento chirurgico molto semplice.
Dopo l’operazione, la caviglia viene immobilizzata con il gesso per un periodo variabile, trascorso il quale è sempre consigliabile ripetere la radiografia per accertarsi che i frammenti della frattura non si siano spostati durante il processo di guarigione.
Da ultimo, è sempre consigliabile seguire un percorso di riabilitazione.
Fisioterapia
Per guarire, le fratture del malleolo e non solo necessitano dei loro tempi ma soprattutto il processo avviene in varie fasi.
Bisogna dare all’osso il tempo di rigenerarsi e per formare il nuovo tessuto esterno, ovvero il callo osseo, non bisogna mai aver troppa fretta.
Le tempistiche vengono stabilite dall’ortopedico unitamente al fisioterapista, dopodiché si può pensare alla riabilitazione.
Generalmente le sedute iniziano dopo due o tre settimane dall’intervento e dopo tre o quattro settimane di gesso o di tutore.
Seguire delle sedute di fisioterapia è sempre molto importante, a prescindere se si tratti di una frattura composta o scomposta.
Lo scopo finale è quello di di far recuperare all’arto, che è stato per molto tempo immobilizzato, la forza, l’ampiezza di movimento e soprattutto l’equilibrio neuromotorio.
Iniziando con dei movimenti passivi per poi passare a movimenti attivi volti a mobilizzare la caviglia e al rinforzo dei muscoli anteriori e posteriori della stessa, si nota che i tempi di recupero si riducono notevolmente.
Il polpaccio riacquista la sua forza, il dolore alla caviglia pian piano svanisce e gradualmente non si avvertirà alcun dolore nel muovere l’articolazione.
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