PAP TEST: quando farlo, come si esegue

Il Test di Papanicolaou, più comunemente conosciuto con il nome di Pap Test, è un esame di screening che si effettua nella donna per indagare eventuali alterazioni della cervice uterina, come tumori del collo dell’utero o la presenza di infezioni batteriche, virali e micotiche.

Il Pap Test fu messo a punto nella prima metà del Novecento da un citopatologo greco, Georgios Papanicolaou, da cui prende il nome ed ancora oggi viene utilizzato proprio per la diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero.

Pap Test: come si esegue

Il Pap Test si effettua durante una normale visita ginecologica. La sua esecuzione dura circa dieci minuti e può provocare qualche fastidio dovuto all’inserimento in vagina dell’apposito strumento, ma quasi sempre è indolore.

Dopo aver invitato la paziente ad assumere la corretta posizione, il ginecologo applicherà uno strumento, lo speculum, che ha il ruolo di favorire la divaricazione della vagina in modo da rendere il prelievo di più facile esecuzione.

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A questo punto, il medico inserirà all’interno del canale vaginale una spatola ed un lungo bastoncino cotonato che serviranno a prelevare dal collo dell’utero e dalla cervice dei piccoli campioni di secreto vaginale da analizzare.

I campioni, così prelevati, verranno poi esaminati in laboratorio dove si ricercheranno le cellule presenti nel muco. All’interno delle secrezioni, infatti, saranno presenti numerose cellule provenienti dai tessuti dell’utero e della cervice dai quali sono state esfoliate.

L’analisi del campione tramite Pap Test viene effettuata mediante lo striscio su un vetrino che poi verrà sottoposto a tecniche di colorazione, letto ed analizzato dal citologo mediante microscopia.

Con l’aiuto del microscopio si evidenzieranno le caratteristiche morfologiche delle cellule prelevate e l’eventuale presenza di anomalie.

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Dopo aver invitato la paziente ad assumere la corretta posizione, il ginecologo applicherà uno strumento, lo speculum

Pap Test in fase liquida

Oltre al Pap Test tradizionale, esiste oggi una tecnica ancora più accurata, che è il Pap Test in fase liquida. Nell’esame tradizionale, infatti, può accadere che:

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  • Un’elevata percentuale di cellule resti attaccata agli strumenti di prelievo;
  • Spesso nel campione possono essere presenti cellule infiammatorie che rendono l’esame da ripetere;
  • Le cellule prelevate vengono strisciate sul vetrino, formando più strati di cellule sovrapposte che si aggregano tra loro;
  • Il vetrino potrebbe danneggiarsi durante il trasporto;
  • Il campione è immerso in elementi oscuranti quali sangue, muco e detriti.

Il Pap Test in fase liquida presenta, invece, numerosi vantaggi rispetto a quello tradizionale:

  • Le cellule prelevate vengono immerse all’interno di una soluzione conservante che consente di mantenerne inalterate le qualità.
    Tutte le cellule raccolte, in questo caso, potranno essere utilizzate per l’analisi in quanto, grazie ad una tecnica di risciacquo si favorisce il loro distacco dagli strumenti di prelievo;
  • Il trasporto del campione è più sicuro;
  • Il campione viene sottoposto a una fase di dispersione che, mediante un moto vorticoso, separa il sangue, il muco e i detriti.
    Le cellule vengono poi raccolte su un filtro che viene capovolto delicatamente su un vetrino sulla cui superficie si depositano in maniera uniforme.
    Si ottiene quindi la preparazione di un vetrino “a strato sottile”;
  • Il vetrino viene poi immerso in una soluzione fissativa e sottoposto a tecniche di colorazione. Quindi è analizzato dal citologo.

Con i campioni ottenuti da questo tipo di Pap Test è possibile effettuare altri screening aggiuntivi per valutare la presenza di:

Quando eseguire il Pap Test

Il Pap Test va effettuato seguendo delle specifiche indicazioni affinché possa dare risultati affidabili.

Il test va eseguito:

  • Lontano da rapporti sessuali (con astinenza almeno da 2 giorni);
  • Lontano dal ciclo mestruale; il prelievo va eseguito tra il terzo e il quinto giorno dopo il ciclo mestrulae, oppure tre-cinque giorni prima del ciclo;
  • Lontano dall’uso di irrigatori vaginali, creme, ovuli, deodoranti intimi e prodotti spermicidi (l’utilizzo va evitato da almeno 3 giorni prima);
  • Il test può essere eseguito anche durante la gestazione, in quanto non causa alcun problema al feto;
  • Le donne vergini possono provare a eseguire l’esame. Il medico, in questi casi, potrà disporre di uno strumento specifico per favorire l’apertura della vagina.
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Perché dia risultati attendibili, il Pap Test deve essere eseguito in particolari condizioni

Regolarità del Pap Test

Secondo le Linee Guida Europee e della Commissione Oncologica Nazionale, il Pap Test dovrebbe essere eseguito a partire dall’inizio dell’attività sessuale, o comunque dal compimento del venticinquesimo anno d’età.

Esso va poi eseguito regolarmente ogni tre anni, anche durante l’età della menopausa, almeno fino ai 65 anni d’età, seppur in assenza di rapporti sessuali.

I risultati del test verranno comunicati alla paziente nel giro di qualche giorno dalla sua esecuzione. In caso di assenza di lesioni esso avrà esito negativo.

Quando, invece, il Pap Test risulta non negativo è necessario approfondire le indagini sotto consiglio medico.

In questi casi, può essere necessario ripetere il test dopo qualche giorno, oppure effettuare indagini più approfondite come colposcopia ed eventualmente biopsia.

Il Pap Test può rilevare anche la presenza di infezioni vaginali. In questi casi, il medico potrà prescrivere un tampone vaginale per identificare il tipo di patogeno responsabile dell’infezione e stabilire così una terapia mirata.

Pap Test, colposcopia e biopsia

La colposcopia è un esame che viene eseguito grazie ad uno strumento particolare da cui il test prende il nome, il colposcopio. Questo test permette di avere una visione ingrandita della cervice uterina e di esaminare a fondo la superficie di rivestimento della vagina e del collo dell’utero.

In questo modo, si potranno rilevare anomalie, lesioni o neoplasie che non erano visibili ad occhio nudo.

Se si identificano delle zone caratterizzate da anomalie morfologiche, si può procedere con la biopsia, prelevando un pezzetto di tessuto per analizzarlo approfonditamente al microscopio, mediante tecniche di microbiologia e di biologia molecolare.

Cancro al collo dell’utero e HPV

Il tumore della cervice (o collo dell’utero), diagnosticato dal Pap Test, è causato principalmente da un’infezione da Papilloma virus umano (HPV).

Si tratta di un virus che si trasmette per via sessuale e che può essere prevenuto attraverso una vaccinazione che va effettuata alle bambine prima dell’inizio della loro attività sessuale.

Tuttavia, la vaccinazione non protegge dal rischio di tumore al 100%, seppur riducendo di molto la probabilità di un contagio da HPV.

In effetti, esistono altre cause che possono determinare la comparsa di un tumore alla cervice. I principali fattori di rischio sono:

  • Il fumo di sigaretta;
  • La familiarità con la patologia;
  • L’obesità;
  • Abitudini alimentari scorrette;
  • Sedentarietà.

Il tumore al collo dell’utero può essere diagnosticato in fase molto iniziale se si effettua regolarmente lo screening con il Pap Test. Se il test risulta negativo, l’esame potrà essere ripetuto dopo tre anni.

Quando, invece, vengono riscontrate delle anomalie si dovrà procedere con la ricerca del DNA del Papilloma virus (HPV). La presenza di questo virus, infatti, costituisce un campanello d’allarme per la cancerizzazione delle cellule della cervice.

Una volta effettuata la diagnosi di cancro, possono essere prescritti altri esami come la tomografia computerizzata (TAC), una risonanza magnetica, oppure una tomografia a emissione di positroni (PET).

Questi esami approfonditi serviranno per delimitare bene le zone colpite dal cancro e per valutare l’estensione di quest’ultimo.

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Il tumore della cervice (o collo dell’utero), diagnosticato dal Pap Test, è causato da un’infezione da Papilloma virus umano (HPV)

Cancro al collo dell’utero: terapie

La terapia contro il tumore al collo dell’utero dipende da diversi fattori:

  • Stadio in cui si trova il tumore al momento della diagnosi;
  • Estensione della massa da rimuovere;
  • Stato di salute della paziente da trattare;
  • Età della paziente.

In base a questi criteri il medico sceglierà il trattamento più adeguato da eseguire tra:

  • Asportazione chirurgica: se il tumore si trova in una fase ancora precoce si potrà eseguire una chirurgia laser.
    Quando, invece, l’area colpita è più estesa si può effettuare la conizzazione, in cui viene asportato un cono di tessuto in corrispondenza della lesione.
    Nelle fasi più avanzate, quando il tumore è più esteso, si effettua una isterectomia, che potrebbe prevedere anche l’asportazione dell’intero utero.
  • Radioterapia: ovvero l’utilizzo di radiazioni che uccidono le cellule tumorali. Questo trattamento è indolore, ma può essere valido soltanto in alcuni casi.
  • Chemioterapia: è una terapia che si effettua mediante la somministrazione di un mix di sostanze chimiche per via endovenosa in grado di uccidere le cellule cancerose.

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Davide P.
Giornalista professionista, da 20 anni opera sul web. Ha lavorato nelle maggiori realtà internet del Paese ricoprendo ruoli di elevata responsabilità. Attualmente opera come consulente editoriale per progetti digitali nazionali e internazionali

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